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Un esercito di paladini dell’industria dello stupro

Un Paese in cui non si può scalfire il dominio delle piattaforme pornografiche, di quei siti web che trafficano stupri anche di minori, delle violenze più efferate, di abusi di ogni tipo.

by Alessio Di Florio
3 Dicembre 2025
in Approfondimenti
Reading Time: 8 mins read
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Il mese di novembre è, ormai, alle spalle, archiviato dal calendario che veloce procede verso i riti del Natale e il trapasso ad un nuovo anno. Concluso novembre «con le sue inquietanti nebbie» è giunto dicembre con i suoi «tristi semi di morte», parafrasando il Maestrone di Pavana.

Novembre mese della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ipocritamente e vigliaccamente definita sempre più violenza di genere, sempre più eliminando la radice di quella violenza, i carnefici, i criminali colpevoli. Ipocrita e vergognoso copione che si ripete, ad ogni occasione comandata, di questo Paese tanto bravo a celebrarsi, pavoneggiarsi, sfilare quanto altrettanto impegnato a ossequiare, chinare il capo, essere complice.

Il novembre 2025 va in archivio insieme, per ora perché tra qualche mese se ne tornerà a parlare, di una delle tante mobilitazioni che invadono l’etere, catturano attenzioni e fanno solo danni, lasciando strascichi di polemiche e chiacchiere che in un Paese normale neanche nascerebbero.

È stata grande, enorme, massiccia, l’attesa del 12 novembre. Accompagnata da post sui social e articoli in cui si insegnava come aggirare, meme come non ci fosse un domani, e tutto un carrozzone degno di miglior causa. Quel giorno doveva partire il nuovo meccanismo di controllo sulle piattaforme pornografiche per impedire l’accesso dei minori. E magari, come in altri Stati dagli USA al Canada alla Francia è accaduto anni fa, iniziare a interrogarsi almeno su come fermare il dilagare dei video e delle foto di stupri, di violenze, di abusi di ogni tipo. E della diffusione della rape culture, della cultura dello stupro, dell’oggettificazione sessuale (anche la più depravata, perversa e disumana) del corpo femminile. Nulla di tutto questo è avvenuto, fatta la legge trovato l’inganno – il 12 novembre valeva come termine per i server in Italia ma la quasi totalità delle piattaforme pornografiche ha sede all’estero e quindi via con la proroga di qualche mese – e tutto è finito nel dimenticatoio. Mentre il mese si è chiuso, in una fredda domenica, con l’irrompere di preoccupazioni, analisi su ricadute economiche ed esenzioni, di una tassa definita etica, in passato chiamata pornotax, che andrebbe ad interessare proprio le piattaforme pornografiche. In un Paese in cui ci sono milioni di lavoratori che non arrivano a fine mese, in cui il carico fiscale è sempre più gravoso sulle classi meno abbienti, preoccupazioni e sconcerto vengono seminati sui profitti multimilionari incassati da multinazionali sfruttando abusi, violenze, stupri, efferatezze di ogni tipo di depravazione e perversione contro donne di ogni età, anche bambine …

Nella copertina di quest’articolo mostriamo alcuni dettagli di come piattaforme dell’industria dello stupro pornografico concretizzano i proclami sui controlli sull’accesso dei minori. Si definiscono persino etici, corretti, si sentono perseguitati poveretti (le donne, anche bambine, i cui video vengono trafficati per far lucrare milioni ai loro forzieri per anni e anni sono dettagli insignificanti per loro e per chi li difende o tace), poi cala il velo di Maya e questa è l’unica verità incontrovertibile. Esattamente come i contenuti che trafficano.

Anni fa un’inchiesta del New York Times ha documentato quanto Pornhub sia industria dello stupro, sia trafficante dello stupro. Negli USA ampie mobilitazioni, campagne di boicottaggio, analoghe dinamiche in altri Stati, in Francia le denunce sono finite in Parlamento. In Italia solo qualche sussurro (come sta succedendo sul pesante coinvolgimento dell’ex principe Andrea e di altri notabili nel sistema Epstein in Inghilterra). Nulla neanche di lontanamente vicino a quanto accaduto intorno al nuovo controllo, avversato da tanti con le motivazioni più squallide e vergognose, che non è partito il 12 novembre. Come documenta la copertina di quest’articolo.

«Una ragazza di 20 anni mi spedì una mail e mi chiese di diffonderla per denunciare Pornhub. Dall’età di 17 anni era stata “stuprata, presa a botte e filmata da centinaia di uomini, donne e perfino coppie sposate”. Ha descritto gli orribili dettagli dei modi in cui è stata torturata da quando era una bambina. “Sono stata forzata a bere ammoniaca fino a svenire e stuprata per ore nonostante la bocca e la gola mi bruciassero atrocemente”. […] “Non è giusto che la mia vita sia così dura a causa del fatto che sono stata forzata a una vita di sesso e pornografia quand’ero bambina. Ho dovuto far intervenire la polizia molte volte per tentare di far rimuovere da Pornhub i video in cui ero stuprata da piccola. Non capisco perché sia così difficile riuscirci. Vi prego, smettetela di permettere a delle persone di fare soldi torturando bambini!” (Lila Mickelwait, Takedown, pgg 42- 43) TI PREGO, BASTA! È questo il grido di quella ragazza, e di tante come lei che vengono torturate perché clicchi sui quei video».

«“Adoro il fatto che sembri così senza vita”. È stato questo uno dei tanti commenti trovati sotto uno dei milioni di porno della piattaforma Xvideos. La ragazza in questione era pressochè assente: una mano le sollevava le palpebre; le pupille parevano non reagire. Era a un passo dalla morte: per far giungere una persona a un tale livello di incoscienza occorre ubriacarla e drogarla fino al punto in cui il cuore si trova a un passo dal cedimento. Come si può godere sopra una simile violenza? Vedere una ragazza stuprata da carnefici che non si fanno nessuno scrupolo a rischiare di ucciderla? La depressione respiratoria conseguente a una massiccia dose di droghe e/o alcol e farmaci mette in serio rischio la vita di una persona, che sicuramente non acconsentirebbe mai a rischiare la vita per il godimento di sadici e violenti. Si tratta infatti di ragazze che spesso sono costrette a pugni e calci a farsi violentare davanti a una telecamera in quel modo».

«Negli ultimi 25 anni la pornografia è divenuta sempre più violenta, come rivelato da uno studio che ha analizzato 255 film pornografici prodotti in questo ultimo arco temporale tra i più “popolari”, campionati cioè tra quelli più visti. La consensualità a volte dichiarata dagli attori non è certo garanzia di veridicità dato il background spesso foriero di violenze in famiglia, droga e provenienza dai ceti più svantaggiati e delle minacce e violenze spesso perpetrate alle ragazze dagli stessi pornografi, come dimostrato sempre di più da sempre più sopravvissute a quel mondo violento e spietato. E la cosa più inquietante è che questi sono i video più “popolari” per i nostri ragazzi e le nostre ragazze, che apprendono il sesso come violenza desiderabile e animalizzante»

«“Ti aveva implorato per sei mesi cercando di far rimuovere il suo stupro e la sua tortura dal tuo sito”. Il giudice non usa certo mezze parole contro i due azionisti di Mindgeek (proprietaria di Pornhub) David Tassilo e Feraas Anton chiamati in giudizio. […] “Per miss Fleites (Serena, la 14enne che ha denunciato Pornhub) – prosegue il giudice – c’è una dichiarazione consegnata alla polizia visto che ora sei qui legalmente obbligato; nel caso di Rose Coleman (altra ragazza 14enne che ha denunciato le sue torture, ndt) i video sono stati elencati come “adolescente che piange e viene schiaffeggiata”, “adolescente che viene distrutta” , “adolescente svenuta” ; i tuoi moderatori hanno visualizzato questi video perché ci hai detto che ogni video viene visualizzato; quindi anche tu l’hai visualizzato. (…) perché ci hai messo sei mesi per risponderle e perché esiste tutto questo? Perchè hai mantenuto questa attività criminale?”. “Se ci fosse stato un momento in cui il contenuto sarebbe esistito sarebbe stato rimosso non appena fossimo stati informati che era contro i nostri termini”. Che caro che sei. Come no. Cerchi pure di non far parlare il giudice quando ti dice che si sta parlando di bambini. Di minori. Ma alla fine ti fa stare zitto. Serena aveva 13 anni. E ha denunciato a nome di decine di migliaia di altre ragazze. Bambine. Vi siete mai chiesti perché tante ragazze che vedete in pochi video dopo un po’ non si vedono più in altri nuovi? Immaginate la fine che fanno. E il giudice incalza: “La signorina Kalemba aveva visto che i video del suo stupro erano stati visti più di 400 000 (quattrocentomila) volte (…) quindi ti farò questa domanda: quanti video del genere hai effettivamente segnalato alle autorità come da tuo obbligo legale per questi crimini commessi contro i bambini?”»

«Una sera alla fondatrice di Justice Defense Fund venne inviata una mail da un sender anonimo: nessuna parola di commento ma un link che conduceva a diversi video di minori abusati su Pornhub. Probabilmente il segnalatore voleva rimanere anonimo; uno di questi video in particolare era flaggato da numerosi utenti che lo avevano già segnalato da tempo come contenuto illegale ma era sempre rimasto disponibile per visualizzazione e download».

«“Ero carponi sul pavimento di quella camera. Con me avevano appena finito. Cercavo di riprendermi mentre il dolore di quello che mi avevano fatto iniziava a esplodere. Prendevo subito gli antidolorifici che avevo con me».

«“Gli americani perbene hanno pianto l’ingiusta uccisione di George Floyd a Minneapolis. Eppure, per Pornhub, la tragedia ha fornito carburante per la masturbazione. I titoli approvati e caricati di recente includono “I Can’t Breathe”, pubblicato da un utente verificato, con tag di ricerca che includono “George Floyd” e “choke-out”. Un canale partner a scopo di lucro su Pornhub chiamato Black Patrol sessualizza la brutalità della polizia contro gli afroamericani con titoli come “White Cops Track Down and F – – k Black Deadbeat Dad”. Non solo: ma “video selvaggiamente antisemiti come questi vengono caricati da utenti verificati di Pornhub, account con nomi utente come “OvenBakedJew” e “Hitler l’uccisore di ebrei”. Molti di questi video sono rimasti sul sito per mesi e anni, con commenti come “Neri, ebrei e musulmani – seme cattivo!” e “Anna Frank si nascondeva, ma non volevo ucciderla, volevo solo fare un’edizione di Auschwitz da casting-couch!”. Innumerevoli altri titoli su Pornhub presentano variazioni sulla parola N* e “padrone bianco”. “Adolescenti neri sfruttati” e “schiavo nero” sono termini di ricerca suggeriti deliberatamente promossi da Pornhub ai suoi utenti. Se i titoli vi disgustano, immaginate cosa fanno i video agli occhi e alle menti sempre più giovani che ogni giorno si imbattono in pornografia hardcore e razzista.” Così scrive in un articolo apparso sul New York post Laila Mickelwait, la giovane madre che è riuscita a riunire le più grandi associazioni per le vittime di abuso e di tratta a trascinare Pornhub e i dirigenti della sua società MindGeek in tribunale. Pornhub monetizza questi video degradanti con annunci mirati. Proprio dell’altro ieri è stata confermata la notizia che i dirigenti hanno avuto (per ora) una multa di 5 milioni di dollari per aver volontariamente mentito sulla natura illegale dei loro contenuti».

Queste sono alcune delle testimonianze pubblicate dalla pagina facebook Pornoverità. Altre testimonianze, riflessioni e denunce sono state pubblicate da associazioni e movimenti femministi

https://www.resistenzafemminista.it/category/pornografia/ qui alcune pubblicazioni di Resistenza Femminista

https://appuntidalleserateinsonni.wordpress.com/?s=porno qui altre pubblicazioni di Femminismo e altre liberazioni

https://econtrolindustriadelsesso.wordpress.com/?s=porno qui alcune pubblicazioni di Sex Industry is violence

Questi i nostri articoli in cui in questi anni abbiamo documentato, raccontato e denunciato

«Con Pornhub, abbiamo un Jeffrey Epstein moltiplicato per 1.000», la Commissione Europea partecipa ad un pornofilmfestival

Il porno è stupro di massa

Meter: materiale pedopornografico venduto a 30 euro. Filippine: video pedopornografici venduti a 15-20 dollari

(qui abbiamo documentato che su uno dei principali siti pornografici in Italia esiste una sezione abusi e una teen)

Stupro pornografico, lo scenario infernale criminale

Lo stupro pornografico è un’arma del criminale dominio patriarcale

Pornografia online: filmati di stupri e pedocrimini

Porno, l’industria dello stupro

Droghe di accesso agli abusi sui minori, aumentati pornografia infantile e abusi

Online un videogame che incita a violentare le proprie madri

Online un simulatore di stupri

Le moderne tecnologie sono praterie sconfinate per le mafie dello stupro a pagamento

Le perversioni patriarcali alimentate dalla cultura dello stupro anche contro donne incinte

Gli schiavisti mafiosi e perversi sfruttano l’emergenza umanitaria

Solo industria della violenza e dell’abuso di potere «sessuale»

Esclusivamente industria dello stupro

L’impero dell’industria dello stupro sta finalmente crollando?

Emergenza umanitaria Ucraina, gli stupratori (anche pedofili) a pagamento e online sempre più scatenati

«Trattata come una bambola gonfiabile… la mia iniziazione alla prostituzione fu uno stupro di gruppo»

Scuola di stupratori

Stupro a pagamento, rivendicano ogni violenza e persino le tendenze pedofile e calpestano anche le lacrime delle vittime

Stupratori depravati di fronte a un femminicidio

Clienti? Mercato? Lavoro? No, stupro online

Cultura dello stupro, molestie da strada e l’industria della violenza sessuale

Pornhub era diventato «il mio trafficante»

Pornhub: negli USA nuove denunce anche per video di stupri e traffico sessuale di minori

Quei milioni di dollari su quante lacrime, stupri, abusi, sofferenze sono stati accumulati?

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Alessio Di Florio

Vicedirettore WordNews.it - È nato ad Atessa (Chieti), nel 1984. Attivista e volontario di varie associazioni e movimenti culturali, ambientalisti, pacifisti e di lotta alle mafie. Collaboratore della redazione abruzzese di Pressenza e di TeleJato.it. Ha collaborato con Adista, Primadanoi, Terre di Frontiera, Unimondo, Libera Informazione, Popoff Quotidiano e SocialPress. Ha curato, per oltre dieci anni, il sito personale del giornalista e regista RAI Stefano Mencherini, dove è stata curata la diffusione e la pubblicizzazione del documentario d’inchiesta «Schiavi. Le rotte di nuove forme di sfruttamento», con il quale è stata portata avanti la “Campagna di sensibilizzazione per l’informazione sociale”, in collaborazione con MeltingPot e Articolo21, e per la creazione di un Laboratorio permanente di inchiesta e documentari sociali in RAI, nata per rompere la censura televisiva del documentario d’inchiesta “Mare Nostrum”. Articoli su tematiche sociali e culturali sono stati pubblicati dal mensile Vasto Domani. Per contatti: redazione@wordnews.it

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