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Omicidio Attilio Manca: un pezzo di Trattativa Stato-mafia

by Paolo De Chiara
11 Febbraio 2021
in Mafie
Reading Time: 10 mins read
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Sono passati 17 anni dal ritrovamento del cadavere di Attilio Manca. Dopo tutto questo tempo non è stata ancora scritta la verità.

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Un corpo martoriato, trovato riverso sul letto nella sua casa di Viterbo. Il setto nasale rotto, lividi ed ecchimosi ovunque e sul braccio sinistro due fori di siringa, perchè Attilio Manca è morto per overdose. O almeno queste sono le conclusioni della Procura di Viterbo che avrebbe chiuso il caso come morte accidentale, nonostante tantissime incongruenze.

 

Il medico, originario di Barcellona Pozzo di Gotto, si sarebbe inoculato un’iniezione letale, un mix di eroina e sedativi. Lo avrebbe fatto utilizzando la mano destra come dimostrano i fori sul braccio sinistro, anche se tutti quelli che conoscevano Attilio raccontano del suo essere un mancino puro, che usava la mano sinistra anche in sala operatoria quando operava. Non solo: dopo essersi drogato Attilio, attento a non lasciare impronte sulle siringhe, le avrebbe gettate nella spazzatura dopo aver inserito il tappo di protezione.

 

Questa è stata la frettolosa ricostruzione che ha chiuso il caso nonostante tutto porti a credere che il dottor Manca sia stato ammazzato.

Un medico brillante, molto apprezzato, un urologo particolarmente capace, un giovane uomo amante della vita come lo descrivono familiari, colleghi e amici: era tante cose Attilio Manca, ma di certo non era un consumatore di droghe.

In questi anni solo la tenacia dei familiari ha permesso di mantenere accesi i riflettori sulla tragica vicenda del medico siciliano: chiedono giustizia i genitori e il fratello di Attilio, vittima di un’altra pagina oscura nella storia del paese.

 

La riesumazione del cadavere potrebbe fare luce sul delitto, ma la procura fino ad oggi non ha mai autorizzato un nuovo esame del cadavere, nonostante le numerose richieste da parte degli avvocati della famiglia Manca, Antonio Ingroia e Fabio Repici.

 

Unica indagata al momento sarebbe Monica Mileti, condannata a 5 anni e 4 mesi per aver ceduto ad Attilio Manca la dose di eroina mortale.

 

In questi anni alcuni pentiti di mafia hanno rilasciato importanti dichiarazioni in merito alla morte di Manca, inserendone l’omicidio in un quadro criminoso più ampio: in particolare le dichiarazioni dei pentiti, alcune telefonate effettuate da Attilio pochi giorni prima di morire, i rilievi sul luogo del ritrovamento (le uniche impronte trovate sono quelle di Ugo Manca, cugino di Attilio, vicino alla mafia di Barcellona Pozzo di Gotto e che avrebbe avuto un ruolo chiave in questa storia), portano ad una diversa ricostruzione della vicenda.

 

Attilio sarebbe stato scelto come urologo, specializzato nella tecnica laparoscopica, per operare il boss di mafia Bernardo Provenzano, in quegli anni latitante e malato di tumore alla prostata.

L’intervento sarebbe stato effettuato a Marsiglia, in Francia. Attilio Manca potrebbe quindi essere stato eliminato perché testimone scomodo sulla identità del boss Provenzano. Molte cose dicono che non c’è solo la mafia dietro la morte di Manca.

 

Il suo omicidio è un altro tassello nella grande questione della trattativa Stato-mafia che vede pezzi delle istituzioni trattare con le cosche.

La sentenza di primo grado del processo sulla trattativa condanna mafiosi, esponenti politici e vertici del Ros, riconosciuti colpevoli di violenza o minaccia allo Stato. Come ha detto il pm nel procedimento: “Mentre i giudici saltavano in aria qualcuno delle istituzioni aiutava i boss a ottenere i risultati richiesti da Riina”.

 

Quindi il fatto di essere entrato in contatto con il super latitante Provenzano, lasciato volontariamente in libertà in base agli “accordi” tra istituzioni deviate e mafia (come dimostra quella scellerata trattativa), ha riscritto il destino di Attilio Manca.

 

Nonostante silenzi e depistaggi poche settimane fa è avvenuta una cosa rilevante. Tra pochi giorni ci sarà l’appello per la Mileti, condannata per aver ceduto droga ad Attilio e unica indagata. Il suo avvocato, Cesare Planica si è lasciato andare ad alcune dichiarazioni all’Agi: “La procura di Viterbo mi aveva detto “ma falla confessare perché noi lo qualifichiamo come quinto comma e il quinto comma si prescrive a breve”. E ancora “Io l’ho spiegato alla mia assistita e lei mi ha detto, ma io posso confessare una cosa che non ho fatto?” 

Dichiarazioni dirompenti che potrebbero riaprire il caso e rendere finalmente giustizia alla famiglia Manca.

 

L’avvocato Ingroia, durante una diretta nella quale abbiamo affrontato proprio il tema della trattativa Stato-mafia, si dice poco ottimista circa la possibilità di una riapertura del caso.

 

“Noi siamo assolutamente convinti che sia un omicidio di mafia e di Stato, quello Stato che proteggeva Provenzano” ha detto il legale, “non vedo un magistrato, una procura, che abbia davvero voglia di scoprire la verità”.

 

In questi 17 lunghi anni il caso Manca non è stato intenzionalmente risolto. Non vi è stata la volontà di scoprire la verità.

Chi ha ucciso Attilio ha poi depistato per non far scoprire il movente che ha portato alla sua morte: essere venuto in contatto con il boss dei boss, Bernardo Provenzano.

 

I genitori di Attilio Manca non sono mai stati ascoltati. I pentiti, che parlano di omicidio, sono ritenuti poco credibili anche dalla procura di Roma dove il procuratore Giuseppe Pignatone (oggi ex) ha chiesto l’archiviazione. 

Addirittura nessuno ha mai ascoltato l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, secondo quanto riferito da Alberto Pazienti il procuratore capo a Viterbo in quegli anni, si sarebbe direttamente interessato alla vicenda: ancora oggi nessuno conosce il motivo dell’interessamento da parte del Capo dello Stato per la morte di un “giovane morto per droga”.

 

Ad oggi non esiste nessuna pista mafiosa e le indagini seguono quella legata alla droga.

Una ricostruzione che tuttavia potrebbe iniziare a scricchiolare sotto il peso dei tanti silenzi di chi ancora oggi sa e non parla.

 

WORDNEWS.IT © Riproduzione vietata

 

 

LEGGI ANCHE:

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FONDATORE e DIRETTORE WordNews.it - direttore@wordnews.it Giornalista Professionista, iscritto all’OdG Molise. Scrittore e sceneggiatore italiano. È nato a Isernia, nel 1979. In Molise ha lavorato con gran parte degli organi di informazione (carta stampata e televisione), dirigendo riviste periodiche di informazione, cultura e politica. Si dedica con passione, a livello nazionale, alla diffusione della Cultura della Legalità all’interno delle scuole. LIBRI: - Nel 2012 ha pubblicato «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la ‘ndrangheta» (Falco Ed., Cosenza); - nel 2013 «Il Veleno del Molise. Trent’anni di omertà sui rifiuti tossici» (Falco Ed., Cosenza, vincitore del Premio Nazionale di Giornalismo ‘Ilaria Rambaldi’ 2014); - nel 2014 «Testimoni di Giustizia. Uomini e donne che hanno sfidato le mafie» (Perrone Ed., Roma); - nel 2018 «Il Coraggio di dire No. Lea Garofalo, la donna che sfidò la schifosa 'ndrangheta» (nuova versione aggiornata, Treditre Ed.); - nel 2019 «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano» (Romanzi Italiani, finalista del Premio Internazionale “Michelangelo Buonarrori”, 2019). Dal romanzo «Io ho denunciato», nel settembre del 2019, è stato tratto un corto e un medio-metraggio (CinemaSet, vincitore Premio Legalità, Fiumicino 2019). È autore del soggetto e della sceneggiatura del corto e del medio-metraggio «Io ho denunciato. La drammatica vicenda di un testimone di giustizia italiano», 2019 (Premio Starlight international Cinema Award, 77^ Mostra del Cinema di Venezia, settembre 2020). - nel 2022 «UNA FIMMINA CALABRESE» (Bonfirraro Editore). - nel 2023 «UNA VITA CONTRO LA CAMORRA» (Bonfirraro Editore). - Ha collaborato con CANAL+ per la realizzazione del documentario Mafia: la trahison des femmes, Speciàl Investigation (MagnetoPresse). Il documentario è andato in onda in Francia nel gennaio del 2014. Premio giornalistico letterario "Piersanti Mattarella", Roma, 30 novembre 2024. Premio Adriatico, «Un mare che unisce», Giornalista molisano dell’anno, Guardiagrele (Chieti), dicembre 2019. Premio Valarioti-Impastato, Rosarno (RC), maggio 2022. Premio Carlo Alberto Dalla Chiesa, San Pietro Apostolo (Catanzaro), agosto 2022. FONDATORE e PRESIDENTE di Dioghenes APS - Associazione Antimafie e Antiusura (dioghenesaps.it) - www.dioghenesaps.com -- paolodechiara.blog

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