Il 2 ottobre una delegazione di esperti indipendenti sono stati inviati a Taranto dall’Onu, Organizzazione delle Nazioni Unite: hanno raccolto dati, testimonianze, studi, hanno parlato con medici, esperti e con le istituzioni. Stileranno poi un loro report sulla situazione di Taranto; ciò che viene ribadito è sicuramente il dovere giuridico da parte dello Stato di proteggere la popolazione.
Marescotti ha illustrato gli ultimi dati relativi al numero dei decessi tra la popolazione residente nei quartieri vicini all’area industriale, dove l’incidenza dei fumi è maggiori. Numeri che spaventano:
Eccessi di mortalità a Taranto: 1020 morti in più dal 2011al 2019 rispetto al dato regionale, pubblicazione scientifica su Environmental Research.
Massimo Castellana ha illustrato l’iniziativa di alcuni membri dell'associazione: per la prima volta in Italia è stata promossa una class action con richiesta di inibitoria contro Acciaierie d’Italia Holding s.p.a., Acciaierie d’Italia s.p.a. e Ilva s.p.a..
Il tribunale di Milano ha fissato l’udienza il 2 dicembre 2021.
Il Presidente Emiliano ha ribadito la sua posizione relativamente alla necessaria chiusura dell’area a caldo, quella maggiormente inquinante. Una soluzione non totalmente soddisfacente, ma che potrebbe aiutare notevolmente la gravissima situazione ambientale. Emiliano ha sottolineato il silenzio da parte del Governo in carica e ha parlato del dato occupazionale dello stabilimento. «Si torna a palesare in questi giorni – ha detto – lo spettro della cassa integrazione per alcuni operai.»
Parliamo infatti di un sito in forte difficoltà e per la cui sopravvivenza lo Stato investe milioni di denaro pubblico. Nessun livello di produzione, ha ribadito il presidente della Regione Puglia, può comunque giustificare le drammatiche conseguenze in termini di salute che ricadono sulla popolazione di Taranto.
Emiliano si è impegnato a documentarsi tramite i propri legali in merito alla class action e ad attivare la Regione per l’aggiornamento dei dati scientifici relativi alle ricadute della produzione sui cittadini (malattie e decessi causati dall’inquinamento industriale), dati che non vengono aggiornati – come ha denunciato Marescotti – dal 2014.
La domanda quindi è: se negli anni dei commissariamenti, che si sono susseguiti nella gestione dell’impianto dopo i Riva, venissero documentati gli stessi effetti dannosi alla salute sulla popolazione, si potrebbe parlare di una “strage di Stato”?
E in questo caso, chi dovrebbe essere considerato responsabile delle innumerevoli morti e delle malattie causate dai veleni dell'ex-Ilva?
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2021-10-06 17:23:23
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