Iniziamo dal suo rocambolesco arresto, come tanti altri in terra di camorra. La sera dell’11 luglio 1998, alle 23, una squadra di Polizia e Carabinieri, sotto il coordinamento della Dda, fecero irruzione in un appartamento in via Salerno a Casal Di Principe, dopo una sorveglianza durata una settimana. Iniziano così le opere di demolizione della casa perché le forze dell’ordine stanno cercando un bunker.
Dopo 13 ore di lavoro il boss si arrese ed uscì tenendo fra le braccia una delle sue figlie.
Ed inizia così la nuova storia di ‘Sandokan‘, arrendendosi ed uscendo da un bunker, come faranno diversi boss lì a Casal Di Principe.
Fin dall’inizio lui dichiara di non essere un camorrista, che i pentiti guadagnano parlando di lui e di essere un perseguitato da una certa politica. Però, per i reati a lui contestatagli e da lui commessi, viene subito sottoposto al regime di 41bis, regime carcerario duro.
Dopo una settimana esce la notizia di un suo possibile pentimento ma viene subito smentito dallo stesso con una lettera inviata alla Gazzetta di Caserta.
Quindi resta il vero ed indiscusso capo dei Casalesi.
Nel corso del tempo gli arrestano tutta la famiglia, moglie e figli. Diversi esponenti della famiglia collaborano con la giustizia ma senza portare a conoscenza niente che già gli inquirenti sappiano: infati vengono toccati e confermati alcuni fatti di sangue, alcuni fatti che riguardano lo spaccio ma niente di importante né sui legami con le istituzioni né sulla terra dei fuochi creata dai Casalesi.
Però, adesso, dopo 26 anni di 41bis, a 70 anni e con un tumore, tramite una richiesta d’incontro, fatta pervenire dalla sua cella dal carcere dell’Aquila ai magistrati della DNA guidata da Giovanni Melillo, per avviare i primi colloqui per la collaborazione con la giustizia.
Proprio quest’anno, in estate, dovrebbe tornare libero suo figlio Emanuele per fine pena.
Perché decide adesso di collaborare con la giustizia, dopo 10 giorni dell’anniversario della morte di Don Peppe Diana e dopo che sia diventato Procuratore Capo a Napoli Nicola Gratteri?
Questo, almeno per adesso, non ci è dato sapere perché dovrebbero iniziare i colloqui di Schiavone con le autorità competenti 2 volte a settimana per 6 mesi, tempo entro il quale deve rivelare il tutto. Solitamente si inizia con gli omicidi eccellenti ma lui ne avrebbe tante cose da dire:
dalla gestione degli appalti pubblici ai dettagli del traffico dei rifiuti, dal dove si possono trovare le ricchezze del clan ai vari contatti con la politica e le istituzioni, visto che alcuni contatti sono stati già comprovati con la condanna in via definitiva a 10 anni di carcere, inflitta nell’aprile 2023 all’ex Sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino per concorso esterno in associazione mafiosa.
Nei prossimi mesi scopriremo se sia un vero e proprio pentimento o sia un modo, come già fatto dai suoi familiari che hanno collaborato, solo per garantire e migliorare le sue condizioni carcerarie, o quelle dei suoi familiari ancora dentro, e che mirano solamente a proteggere i membri della sua famiglia e del clan che ancora sono fuori.
In effetti potrebbe parlare di cose già risapute e comprovate, aggiungendo un po’ di ‘pepe’ e facendo scoprire cose nuove ma inutili nel capire la vera natura ed egemonia dei Casalesi.
Ma chi è stato nel corso della sua vita Schiavone?
Uno degli ultimi irriducibili (restano ancora Francesco Bidognetti e Michele Zagaria) della camorra dei Casalesi negli anni ’80 ne diventa il capo assoluto dopo essere stato autista del boss Umberto Ammaturo e dopo aver partecipato alla feroce guerra di camorra diventando prima affiliato del gruppo di Mario Iovine e Antonio Bardellino (lotta della Nuova Famiglia contro la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo) e poi capo della faida interna che fece leva su Iovine per eliminare il capoclan in Brasile nel 1988, prendendo subito dopo il controllo dei Casalesi (da ricordare che Bardellino fece uccidere il fratello di Iovine). Da lì, con Schiavone a capo, inizia la svolta degli affari della famiglia, puntando sul traffico dei rifiuti avvelenando e mietendo vittime, ancora oggi, nel casertano, e infiltrandosi ed instaurando rapporti in diversi settori dell’economia legale e nella politica.
Attenderemo nei prossimi mesi le rivelazioni che ha fatto e se sia un vero pentimento o una ennesima presa in giro.
ricostruzione fotografica in copertina a cura di Antonino Schilirò
NELLE PROSSIME ORE L’INTERVISTA ESCLUSIVA A LORENZO DIANA (già componente della Commissione parlamentare Antimafia, per il suo impegno minacciato di morte dal clan dei casalesi).
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