Non possono essersi suicidati, non si sono uccisi ma sono stati uccisi. È il grido di dolore, rabbia, amore per cari che non ci sono più, che accomuna due famiglie abruzzesi. Entrambe impegnate in una tenace lotta per avere giustizia e verità sulla violenta morte di due giovani ragazzi: Jois Pedone e Giulia Di Sabatino.
Dopo il ritrovamento del corpo della ragazza, sotto un cavalcavia autostradale, tra le prime piste si ipotizzò il satanismo. La stessa ombra che incombe sulla violenta morte di Jois Pedone. Successivamente si virò, dopo indagini che documentarono un vasto archivio, su altre piste per Giulia Di Sabatino. Foto della ragazza furono trovate sul cellulare di un 30enne di Giulianova, attualmente sotto processo per presunta induzione alla prostituzione minorile e alla pornografia minorile ma nessun addebito finora dalla Procura è stato sollevato per la morte violenta di Giulia Di Sabatino. I genitori della ragazza si sono costituiti parte civile nel processo.
Dopo una recente udienza del processo Daniela Senepa, TGR RAI Abruzzo, ha intervistato la madre di Giulia Di Sabatino, Meri Koci, che ha ribadito la certezza che non fu suicidio ma la giovane fu uccisa. E che il trentenne «c’entra con la morte», testuali parole, di Giulia Di Sabatino. «Chi sono queste persone che organizzavano appuntamenti? Chi collaborava con Totaro? È impossibile che un ragazzo solo, per un suo gusto personale, chieda a centinaia di persone, di ragazze, foto in continuazione. A che scopo?» i pesanti interrogativi posti da Meri Koci nell’intervista di Daniela Senepa. «Lei pensa ad una regia un po’ più alta? Gliela dico immediata, pensa ad una sorta di racket?» la domanda della giornalista a cui la mamma di Giulia di Sabatino risponde «Penso, l’ha capito tutta l’Italia, che sotto il tappeto c’è ancora tanta polvere da rialzare». «Lei pensa a personaggi importanti, diciamo che in qualche maniera frequentavano questo mondo?» la successiva domanda a cui Meri Koci ha risposto «esattamente».
Interrogativi e denunce che rilanciamo, di polvere sotto il tappeto ce n’è tanta, troppa, in questa regione. Pornografia minorile, sfruttamento della prostituzione minorile, reati che ad altre latitudini vengono definiti pedocrimini, che piombano costantemente nella cronaca di questa regione. Come abbiamo sottolineato e denunciato lo scorso 20 novembre solo negli ultimi anni sono state almeno venti le inchieste, un numero sconvolgente e raccapricciante per una regione piccola come alcune zone di Roma.
Pedocriminalità: oltre venti inchieste in pochi anni in Abruzzo, molte nella provincia di Chieti