Umberto faceva l’educatore carcerario ad Opera, già da diversi anni. Ci era arrivato facendo un percorso folgorante, nel senso che lui tutto pensava meno che mettere una divisa addosso perché lui era impegnato nel sociale. Frequentava l’università, era arrivato all’ultimo anno di Giurisprudenza mancavano pochi esami e aveva già iniziato a preparare la tesi, e poi siccome doveva assolvere gli obblighi militari, quindi la leva obbligatoria, pensò di farlo non nell’esercito ma si arruolò come ausiliario nella polizia penitenziaria, all’epoca si chiamavano agenti di custodia, e lì scoprì il mondo del carcere.
Per lui fu una scoperta incredibile, ne fu affascinato e avvolto, perché per lui era un coacervo di umanità. Si innamorò del carcere tanto che trascurò innanzitutto l’università, infatti non riuscì a laurearsi, poi trascurò tutti i suoi doveri e alla fine del periodo di leva decise di rimanere a fare il poliziotto penitenziario a Civitavecchia
Descrive così Stefano Mormile i primi periodi e le scelte del fratello, Umberto, nell’intraprendere il percorso da educatore carcerario.
Umberto Mormile venne ucciso l’11 aprile 1990 e fu la prima vittima rivendicata dalla Falange Armata.
Con Stefano si è cercato di creare un filo temporale all’esistenza della Falange Armata e, inevitabilmente, non sono mancati cenni sulle stragi che hanno sconvolto la società civile italiana nel biennio 1992-1993. Inoltre si è fatto un cenno sulle conseguenze che stiamo vivendo oggi sia in scelta di riforme di governo sia le conseguenze scaturite da quei bui anni
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