Era il 2013 quando 41 cittadini e 5 associazioni hanno presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo accusando il governo di essere a conoscenza della situazione che riguarda la Terra dei Fuochi e di non aver fatto nulla. E così, dopo quasi dodici anni, il 30 gennaio di quest’anno arriva la sentenza.
La Corte ripercorre il lungo iter che riguarda la Terra dei Fuochi, con ben sette commissioni parlamentari d’inchiesta sul ciclo della gestione dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse.
“L’espressione “Terra dei Fuochi” è comparsa per la prima volta in un rapporto del 2003 dell’associazione Legambiente onlus, in cui si segnalava lo scarico e l’incenerimento abusivi di rifiuti pericolosi nel territorio dei comuni di Qualiano, Villaricca e Giugliano, in provincia di Napoli.”
scrive nell’introduzione la Corte.
Il territorio della Terra dei Fuochi ha una popolazione di circa 2.900.000 persone.
Ma già nella prima commissione parlamentare,
“nella sua relazione dell’11 marzo 1996, rilevava la presenza di molteplici discariche abusive nelle province di Caserta e Napoli, in particolare nelle campagne attorno ad Aversa e sul litorale domizio-flegreo, controllate a livello locale da gruppi criminali organizzati.
Rilevava inoltre che non era stato predisposto alcun piano di vigilanza o di bonifica, sebbene le autorità fossero a conoscenza del fenomeno delle discariche abusive e dell’interramento di rifiuti pericolosi almeno dal 1988, e che esso stava aumentando nelle aree in cui l’approvvigionamento idrico di falda era frequentemente utilizzato a fini irrigui”
La Corte ha inoltre ricordato il 7 ottobre 1997 quando il collaboratore di giustizia Carmine Schiavone
“fu ascoltato dalla commissione e la informò dell’esistenza di un fenomeno su vasta scala di sotterramento sistematico di rifiuti pericolosi in alcune zone della Campania. Una vasta rete di complicità, in particolare all’interno dell’amministrazione; e l’inadeguatezza delle sanzioni previste per contrastare questo fenomeno. Le sue dichiarazioni furono classificate come segreto di Stato e furono infine rese pubbliche solo nel 2013.”
E così, analizzando e descrivendo tutti i fatti riguardante la problematica, arriva alla sentenza:
“La Corte rileva in primo luogo che la violazione riscontrata nel caso di specie ha avuto origine in un fenomeno di inquinamento diffuso e su larga scala, derivante non da un incidente isolato, bensì dallo scarico illegale, dall’interramento e/o dall’abbandono incontrollato di rifiuti pericolosi, speciali e urbani, spesso associati al loro incenerimento, effettuati per decenni, in un modo spesso descritto come “sistematico”. La Corte sottolinea inoltre le sue conclusioni in merito alla lenta risposta delle autorità statali nel reagire al problema nonché ai ritardi che hanno continuato a caratterizzare gli sforzi per affrontarlo.
Ciò denota, secondo la Corte, un fallimento sistemico nel rispondere adeguatamente, sia in termini di tempo che di sforzi, al problema di inquinamento in esame. La Corte rileva, peraltro, che la situazione lamentata non può essere considerata cessata, almeno per quanto attestato dagli ultimi documenti prodotti dalle parti, datati tra il 2018 e il 2021, dai quali emerge che continuavano a essere scoperte discariche abusive di rifiuti e che continuavano a essere segnalati casi di incenerimento abusivo di rifiuti”.
Inoltre la Corte da il tempo massimo di due anni allo Stato Italiano per introdurre tutte le misure necessarie a garanzia della tutela della salute.