Nel corso del tempo, grazie a diverse operazioni di polizia giudiziaria, sono state disarticolate molte famiglie mafiose in Sicilia. Ma nell’ultimo mese ci sono state diverse operazioni di contrasto molto importanti. A partite dalla maxi-retata a Palermo dove sono state arrestate ben 181 persone contro le famiglie mafiose di Palermo e provincia. Dalle carte dell’inchiesta si capiscono diverse cose: intanto l’utilizzo di criptofonini per non essere intercettati e da qui risulta che ancora i nostri mezzi non sono adatti a perforare per intercettare questi dispositivi. Infatti si è arrivati a scoprire questo giro grazie a delle intercettazione a terze persone.
Da questa inchiesta emerge pure l’utilizzo di telefonini all’interno del carcere, addirittura un boss mafioso vedeva in diretta un pestaggio che aveva ordinato. Da qui si capisce l’emergenza che si vive all’interno delle carceri. Altre risultanze sono episodi di come imprenditori cercano mafiosi per risolvere questioni personali, come l’esempio di un imprenditore di Terrasini che ha cercato mafiosi del luogo per dare una lezione al figlio tossicodipendente.
Aveva creato diversi problemi e, ai primi contatti con i mafiosi, l’imprenditore ha l’intenzione di far uccidere il proprio figlio. Poi i mafiosi riescono a convincerlo di dargli una pesante lezione, come una gambizzazione, ma non di ucciderlo perché non farebbe bene a nessuno. In cambio gli avrebbe dato dieci mila euro. Il ragazzo si è salvato grazie all’intervento delle forze dell’ordine che lo arrestarono prima che avvenisse il fatto. Dall’inchiesta emerge pure come si stava riorganizzando cosa nostra, grazie al ritorno sul territorio di boss incarcerati, della spartizione di diverse piazze di spaccio e di contatti con le altre mafie, in particolare la ‘ndrangheta.
Poco tempo dopo c’è stata un’altra operazione antimafia, questa volta a Catania. Da questa operazione emergono particolari inquietanti. Intanto emerge la potenza della famiglia mafiosa dei Santapaola, ancora radicata nel territorio catanese e in provincia. Questa operazione porta all’arresto di diversi personaggi politici: il sindaco e il vicepresidente del consiglio comunale di Ramacca, un consigliere di Misterbianco e un deputato all’Assemblea Regionale Siciliana, Giuseppe Castiglione in quota MpA. Il deputato faceva addirittura parte della commissione regionale antimafia.
Da questa inchiesta emerge il connubio e la commistione di mafia e politica. In particolare scopriamo di come non siano più i mafiosi a cercare i politici ma di come siano i politici a cercare i mafiosi per essere eletti, secondo i magistrati consapevolmente perché sapevano benissimo con chi stavano parlando. Addirittura il deputato regionale, ai tempi presidente del consiglio comunale di Catania, chiedeva un prestito a familiari dei Santapaola per un viaggio a Malta. Tutto questo aveva un prezzo: appalti in favore delle famiglie mafiose. Nell’inchiesta vengono spiegate dettagliatamente tutti i passaggi della campagna elettorale e dei favori resi alle famiglie mafiose.
Ultima per ordine di tempo è l’inchiesta di qualche giorno fa in provincia di Catania, tra Maletto, Bronte, Randazzo, Maniace, Adrano e Milano. Tra le carte emerge la presenza capillare nel territorio della famiglia del clan Mazzei, i carcagnusi. Nel corso del tempo la famiglia è stata disarticolata: infatti lo storico boss, Francesco Montagno Bozzone detto Ciccio Montagno, è ormai da diverso tempo al 41 bis. Ma il suo nome è una sicurezza e fa ancora paura. Il suo storico braccio destro è Eugenio Spitaleri, già condannato per questo con diversi anni di carcere scontati. In base a questa inchiesta sembra che lo Spitaleri, una volta uscito dal carcere, sia tornato al suo vecchio ruolo dettando ordini e organizzando la famiglia. Il tutto avveniva con l’aiuto di diversi familiari del Montagno, di Biagio Longhitano e dei Galati Rando.
Dall’inchiesta emerge il controllo capillare e la presenza nel territorio tramite lo spaccio di sostanze stupefacenti e la riorganizzazione delle piazze di spaccio e la richiesta di pizzo a diverse aziende del territorio. In particolare si fa riferimento a qualche azienda di Bronte e a due di Maletto: una edile e una delle fragole. All’imprenditore edile avevano rubato un mezzo in un lavoro in Lombardia. Tramite il Longhitano, che ha contattato un suo referente al nord, stavano provando a recuperare il mezzo attraverso il pagamento di una quota. Questo faceva capire che “l’imprenditore di Maletto godeva di della protezione”. Il mezzo non viene recuperato ma i referenti della Lombardia volevano lo stesso la quota per l’interessamento. L’interessamento dello Spitaleri nel mercato delle fragole lo si capisce da una intercettazione “La facciamo alla pecorai? Fragole non ce n’è per nessuno e per chi le vuole ti deve dare la percentuale.”
Poi, per gli inquirenti, l’imprenditore sarebbe diventato organico all’organizzazione tanto da iscriverlo al registro degli indagati. Da queste inchieste si può capire di come la mafia non sia finita, anzi sia peggiorata in quanto tornano diversi vecchi boss a riorganizzare le famiglie mafiose. Inoltre emerge di come siano i politici a cercare i mafiosi, e non più il contrario.
La mafia non è finita con l’arresto di Messina Denaro, ma continua a proliferare come una piovra.
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