Il sistema consumistico ha inventato le giornate internazionali. Ogni giorno se ne propone una diversa, così da invogliare a celebrarla con un acquisto che sia in tema.
L’8 marzo ricorre una delle più note, quella della donna.
Gli uomini cercano di essere gentili e di omaggiare le loro compagne con un dono, ma dal 9 in poi spesso tutto torna come prima.
Rifiuto con fermezza la trita retorica su tale ricorrenza perché la questione è molto più semplice e, fortunato me!, l’ho compresa già da ragazzo quando frequentavo il liceo.
Gli esseri umani sono tutti uguali ed hanno pari dignità, senza distinzione alcuna.
Lo declina egregiamente l’art.3 della nostra Costituzione.
La donna e l’uomo, pertanto, sono del tutto complementari, e la loro diversità arricchisce entrambi.
Anzi, nella donna sovente vi è una ricchezza di sentimenti e sensibilità che l’uomo non sempre conosce e vive.
Il problema grave tuttavia sta nella negazione della assoluta parità per quanto riguarda i diritti personali e sociali, nelle discriminazioni sul posto di lavoro e sul piano retributivo, e in una diffusa cultura ancestrale che considera la donna quale “possesso” dell’uomo.
Pertanto, ben venga l’8 marzo se rappresenta un momento di riflessione sui tanti ritardi da colmare per una doverosa e totale parità.
Le altre celebrazioni lasciamole ai farisei.
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