Mentre l’Occidente fissa con occhi sbarrati la crisi con l’Iran, a Gaza si continua a morire in silenzio. Un silenzio assordante, comodo, funzionale. I droni sorvolano lo Stretto di Hormuz, le telecamere puntano su Teheran, i titoli parlano di escalation nucleare, di attacchi preventivi, di deterrenza.
Ma nessuno guarda più la Striscia. Nessuno vede – o vuole vedere – il massacro che continua, giorno dopo giorno, tra le rovine e il sangue.
È come se la questione iraniana fosse diventata lo specchietto perfetto per le allodole geopolitiche. Un diversivo internazionale, utile a spostare l’attenzione, deviare lo sguardo, anestetizzare le coscienze. Perché mentre si parla di missili balistici e di accordi nucleari, le bombe continuano a piovere. Le vittime si moltiplicano. Interi quartieri vengono rasi al suolo.
La domanda è semplice: dove sono finiti i riflettori? Dov’è finita quella parola – Palestina – che per mesi ha occupato le prime pagine?
Oggi è scomparsa. Soppiantata dalla parola “Iran”, che fa più paura, che fa più rumore. Un nemico utile, perché ordinato e riconoscibile. A differenza dei bambini sotto le macerie.
Lo Stato israeliano, guidato da un criminale pazzoide (Netanyahu) sempre più isolato ma determinato, approfitta dell’attenzione spostata per completare la sua opera: una distruzione sistematica di Gaza, sotto il pretesto della sicurezza, ma ormai fuori da ogni controllo e proporzione.
E il mondo tace. Perché è troppo occupato a discutere con Teheran.
Così, mentre si alzano le voci per evitare una guerra globale, si accetta una guerra permanente e asimmetrica che già oggi ha fatto più di 60.000 morti a Gaza, la maggior parte civili. Le immagini che arrivano sono sempre più rare, i giornalisti sempre più pochi, le denunce sempre più isolate. Ma la morte continua a lavorare, giorno e notte.
Il genocidio è in corso. L’Italia balbetta. Quando si pronuncia è già troppo tardi. Non chiama le cose con il loro nome. Non dice “genocidio”, dice “crisi umanitaria”. Non dice “Palestina”, dice “situazione a Gaza”. Intanto vota a favore di risoluzioni ambigue, fa finta di cercare equilibri che non esistono più.
Oggi Gaza brucia. E noi stiamo guardando altrove.