È il 25 gennaio quando Usigrai, l’unione sindacale dei giornalisti Rai, pubblica un comunicato dal titolo “La Rai commissaria i Generi e toglie la responsabilità editoriale a direttori e conduttori”. In questo comunicato viene segnalato come, “nella Rai senza Presidente”, viene diffusa una circolare interna
“dove si annunciano i commissari sui programmi giornalistici dei Generi, che realizzano alcuni tra i programmi televisivi più visti della tv pubblica. Con un documento diffuso ieri l’amministratore delegato annuncia che il controllo editoriale sui programmi non è più dei Direttori di Genere o dei conduttori e autori dei programmi, ma viene affidato a delle non meglio precisate “strutture editoriali”.”
Quello che non si capisce:
“cosa siano queste nuove strutture, chi siano questi responsabili editoriali, in base a quali requisiti e competenze vengano scelti.
A cosa servono e perché ora? Per controllare come richiesto da politici o – peggio, tv concorrenti – i pochi programmi che ancora fanno informazione? Per rispondere alle richieste di chi non tollera i giornalisti che fanno domande?”
L’allarme che lancia il sindacato è il lavoro dei giornalisti in Rai infatti, scrive il direttivo
“così si rischia di azzerare il lavoro che oltre 150 giornalisti da anni svolgono nei programmi di rete, ancora senza testata. Per metterlo alle dipendenze di un coordinatore amministrativo, in palese violazione della Legge sulla Stampa che prevede la presenza di una testata registrata, a garanzia dei principi di indipendenza della professione giornalistica.
E’ un attacco alla professione giornalistica; un modo ulteriore per mettere sotto stretto controllo l’informazione del servizio pubblico. A questo probabilmente servirà la “struttura editoriale” che l’ad Rossi vuole istituire all’interno di ogni Genere.
Siamo alla vigilia di nuove nomine? La domanda è: suggerite da chi? Chi governa e come in una Rai lasciata senza presidente e con tre testate da mesi dirette ad Interim?
Ancora una volta l’unica soluzione per garantire autonomia e pluralismo al Servizio Pubblico è l’immediata e necessaria riforma della Rai, secondo i principi espressi dal Media Freedom Act che ci chiede l’Europa.”
Da subito la notizia rimpalla sulla rete e nella stampa pensando all’ultimo tentativo della politica di bloccare Report, soprattutto a seguito delle ultime inchieste sul Ponte sullo Stretto di Messina voluto fortemente da Salvini, le inchieste sulla Ministra Daniela Santanché e quelle sulla Striscia di Gaza.
Dalle opposizioni, soprattutto Alleanza Verdi e Sinistra, Movimento 5 Stelle e PD, arriva subito il grido di pericolo per l’informazione pubblica tanto da annunciare di portare il caso in Commissione Vigilanza Rai.
Infatti per Barbara Floridia, Senatrice del Movimento 5 Stelle e a capo della Commissione
“La Rai ha varato una “Norma anti-Report”? C’è un commissariamento dell’informazione? Come possono i cittadini sapere la verità se la maggioranza di Giorgia Meloni ha bloccato la Commissione di Vigilanza RAI e quindi non è possibile che l’A.D. RAI venga a riferire in commissione?
Non posso restare in silenzio di fronte a ciò che i giornali stanno denunciando su una misura che secondo alcuni rischia di tradursi in un vero e proprio commissariamento dell’informazione in RAI. Da ieri sono infatti in molti a denunciare che questa circolare miri a colpire direttamente una delle trasmissioni di inchiesta più coraggiose e incisive del nostro panorama giornalistico. Secondo altri invece si tratta di una scelta normale dettata da logiche amministrative.
La situazione non è chiara e quindi serve fare piena luce su tutta questa vicenda (e su molte altre).
È un tema che dovremmo affrontare immediatamente in Commissione di Vigilanza RAI. Sarebbe infatti necessario convocare l’amministratore delegato della RAI per fare chiarezza e capire quali siano le vere intenzioni di questa direttiva.
Ma non si può. E no. Come sapete da mesi la Commissione è paralizzata dal boicottaggio della maggioranza, che ne sta impedendo i lavori come strumento di ricatto per la nomina del presidente della RAI. Impediscono persino ai vertici della Rai di venire in Commissione e spiegare nella sede più adatta, in trasparenza, le loro scelte.
La maggioranza di Giorgia Meloni quindi non sta imbavagliando solo le opposizioni ma, ancora più assurdo e pericoloso, sta impedendo ai vertici RAI di chiarire le proprie scelte aziendali. Vogliono forse impedire ai cittadini, che pagano per avere un’informazione libera e plurale, di controllare l’azienda? Vogliono impedire a chi amministra la RAI di spiegare il proprio operato? Qual è il disegno: fare fallire il Servizio Pubblico?
Non capisco proprio come la maggioranza possa ridursi, per una nomina, a un tale ricatto che rischia di fare saltare il sistema democratico. La libertà di stampa e l’indipendenza dell’informazione sono diritti fondamentali e non negoziabili. È nostro dovere difenderli. Ed è nostro dovere difendere la RAI. Questo silenzio e questa strategia di ostruzionismo sono inaccettabili. La RAI non è proprietà di chi governa, ma un patrimonio di tutti i cittadini italiani.
Io non mi arrendo. Noi non ci arrendiamo. E continueremo a lottare, continuerò a creare spazi alternativi di confronto sulle tante eccellenze del nostro Servizio Pubblico e, con forza farò in modo, non lasciando intentata nessuna strada, che la Commissione di Vigilanza torni a svolgere il suo compito. Mi chiedo se il messaggio del Papa di ieri abbia toccato qualche cuore o sia caduto nel vuoto.”
Sandro Ruotolo, giornalista e europarlamentare tra le fila del PD, non ci sta e annuncia che cercherà di fare luce sull’accaduto in Europa tramite un comunicato:
“La nomina dei “responsabili editoriali” decisa dai vertici Rai, a loro volta nominati dal Governo, non è una palese violazione dell’articolo 3 del Media Freedom Act entrato in vigore lo scorso 8 novembre? Cosa intende fare la Commissione europea per far rispettare dal Governo italiano il nuovo regolamento Ue? È quanto si chiede all’esecutivo comunitario in un’interrogazione scritta depositata oggi dall’eurodeputato Pd, Sandro Ruotolo, recentemente eletto nel gruppo al Parlamento europeo che monitorerà l’attuazione dell’European Media Freedom Act (Emfa), la normativa per la libertà dei media adottata lo scorso anno che entrerà pienamente in vigore ad agosto 2025.
Quella sui responsabili editoriali, ha spiegato, è una circolare miope, basti pensare che se fosse stata in vigore in passato giornalisti del valore di Enzo Biagi, Sergio Zavoli, Michele Santoro e Milena Gabanelli, da conduttori non avrebbero potuto gestire dal punto di vista editoriale i loro programmi.
“Venerdì 24 gennaio – scrive Ruotolo – l’amministratore delegato della RAI, la società del servizio pubblico in Italia i cui vertici sono nominati dal governo, contrariamente da quanto disposto dall’articolo 5 dell’European Media Freedom Act, ha comunicato tramite una circolare la nomina di “responsabili editoriali” per ogni trasmissione. La decisione ha suscitato forti critiche, in particolare dall’Usigrai, sindacato dei giornalisti del servizio pubblico, che l’ha definita un tentativo di controllare l’informazione pubblica riducendo l’autonomia dei conduttori e direttori. Non possiamo permettere che il servizio pubblico sia uno strumento del governo di turno, per di più quando ci siamo dotati a livello dell’Unione Europea di un Regolamento quale l’EMFA.
Questa misura di commissariamento degli spazi informativi, che comprometterà l’indipendenza editoriale e l’imparzialità del servizio pubblico è una chiara violazione dell’art. 3 dell’EMFA, che è entrato in vigore lo scorso 8 novembre 2024, secondo cui gli Stati Membri devono garantire ai destinatari dei servizi di media “il diritto di avere accesso a una pluralità di contenuti mediatici editorialmente indipendenti”. Pertanto chiediamo alla Commissione: Non crede che tale misura violi apertamente la normativa europea in materia? In caso affermativo come intende procedere la commissione per fare conformare il governo italiano al rispetto dell’EMFA?””
Per il sindacato “Unirai Liberi Giornalisti Rai” non c’è nessun pericolo:
“Surreale polemica quella sollevata da Usigrai, PD, Avs e M5s sull’ istituzione di commissari editoriali nelle direzioni di genere daytime e approfondimento.
La circolare interna ricorda testualmente, a seguito di un audit aziendale, che “tutti i programmi devono essere assegnati ad una struttura formalmente istituita con l’indicazione di un responsabile editoriale della struttura stessa”, cioè si richiama al rispetto della corretta organizzazione gestionale, editoriale, amministrativa, che prevede appunto la figura del capo struttura, senza mai indicare fantomatiche creazioni di sovrastrutture o commissari editoriali.
Il burocratese purtroppo vigente anche nelle comunicazioni interne Rai può certamente rendere difficile l’interpretazione immediata di alcuni documenti, ma dai colleghi giornalisti Usigrai ci si aspetterebbe la capacità di un’onesta verifica delle informazioni invece che infondati allarmismi atti solo a fomentare strumentali attacchi politici contro il Servizio Pubblico.”
Nel frattempo titoli di giornali affermano che Report sia sempre stata senza controlli e che si rifiuta di riceverli, i controlli. Così Sigfrido Ranucci tenta di chiarire come funziona Report e come funzionano i controlli:
“I titoli di alcuni giornali che in questi giorni hanno fornito l’immagine di Report senza controlli o che addirittura rifiuterebbe il controllo, non corrispondono al vero. Ledono l’immagine della Rai, del direttore dell’ Approfondimento Paolo Corsini, del sottoscritto e di tutti coloro che da decenni lavorano nella squadra di Report, con enorme sacrificio, anche rischiando la propria incolumità e quella dei propri cari. Non corrisponde al vero che la puntata viene fatta vedere un giorno prima della messa in onda. I singoli pezzi che compongono la puntata vengono fatti visionare a partire dal giovedì, tutti insieme il venerdì, e una seconda volta il sabato dopo essere stati inseriti in puntata.
Da sempre quando ci sono particolari criticità i direttori vengono avvisati prima come giusto che sia. Le inchieste vengono realizzate per lo più da freelance che portano il lavoro semi concluso nella settimana di messa in onda. Il materiale viene verificato oltre che dall’ autore, dal desk interno di Report, da un capo servizio Rai, un vice capo redattore interno Rai, da un caporedattore facente funzione, dal vice direttore che sarei io infine dal direttore. Quindi dire che non c’è un controllo editoriale è un’affermazione falsa, come fa venire i brividi leggere addirittura del compiacimento da parte di un sindacato quando a dei colleghi viene paventata lo svuotamento delle mansioni.
Come nella tradizione trentennale di Report nella fase della realizzazione tutti gli autori delle inchieste agiscono in piena autonomia, nel rispetto del lavoro giornalistico. Il mio compito è solo di garantire la loro indipendenza, la verità o veridicità delle notizie, tutelando la riservatezza, visti i contesti pericolosi e la delicatezza degli argomenti trattati. L’intervista pubblicata da un giornale fatta a un “sedicente” direttore della Rai costretto all’anonimato come fosse un pentito, che definiva normale l’intervento di un soggetto esterno alla redazione a gestire scalette, creatività di contenuti o la squadra o il budget è assolutamente ridicola e offensiva. Report non è un programma di comici e ballerine.
C’è un nucleo giornalistico operante nel pieno delle sue funzioni riconosciute nel tempo dalla Rai, dotato di profonde conoscenze giuridiche economiche finanziarie, anche internazionali, che decide nel pieno dell’autonomia della professione giornalistica e nell’ ambito più specifico del giornalismo d’inchiesta tutelato dalla giurisprudenza, e che deve essere valorizzato come previsto dall’ ultimo contratto di servizio firmato tra Rai e Governo. Le scalette di Report, decise dal nucleo redazionale, sono tra le migliori della storia della Rai. Portano la rete dal 3% al 10% con punte del 14%. Report quest’anno, nonostante la controprogrammazione (anche rai, sic) ha realizzato l’8% di media con un +0.4% rispetto alla stagione precedente. Cioè il doppio della media della rete.
I contenuti selezionati dalla squadra di Report sono vari e originali al punto di essere sempre al centro dell’agenda dell’informazione nazionale. La squadra di Report è stata selezionata negli anni da Milena Gabanelli e dal sottoscritto e oggi nel panorama dell’ informazione è tra le migliori in assoluto, per qualità umane e professionali, per le competenze linguistiche economiche, finanziarie, giudiziarie oltre che ovviamente giornalistiche, ma soprattutto per il coraggio. Report è anche l’ultima palestra di giornalismo investigativo televisivo, e nel tempo ha sperimentato vari format di successo con giovani. Basti vedere l’ultimo : Report Lab che ha una media del 5 % di share con circa 1 milione di telespettatori di media. Più di altre produzioni costosissime. Report ha un’altissima capacità gestionale, visto che anche nei due anni di pandemia è stata l’unica trasmissione italiana, pur producendo dai posti più contagiati, a non fermarsi un solo minuto per il Covid.
Il budget di Report, nella sua trentennale storia, grazie all’attenzione dei produttori esecutivi come Elisa Bruno e a quella del Capo Progetto, Paola Bisogni, è stato sempre sottoposto al controllo del responsabile della Pem, Marco Caputo che è tra i più rigorosi in azienda. Il costo a puntata di Report è il più basso tra i programmi di informazione della Rai del prime time, come ha avuto modo di dire lo stesso direttore Paolo Corsini, che in quanto tale è e rimarrà il mio unico riferimento giornalistico per la delicatezza dei contenuti trattati, per la capacità di tutelare nei momenti più complicati l’indipendenza di Report e la sicurezza della squadra che ci lavora. Come del resto hanno fatto in passato Andrea Vianello, Silvia Calandrelli, il compianto Franco Di Mare, Antonio Di Bella.
E come ha fatto del resto Milena Gabanelli per 20 lunghi anni che si è sempre relazionata con il direttore e con il direttore Generale e con l’Amministratore Delegato. Report è una trasmissione che da più di 30anni rappresenta il fiore all’ occhiello del servizio pubblico, è leader degli ascolti dei programmi di approfondimento giornalistico, leader nelle repliche, leader nel traffico dei social tra i programmi di informazione. Si posiziona dietro solo al tg1che però va in onda più volte al giorno in tutti i giorni dell’ anno, mentre Report solo 28. Report da 15 anni è considerata dal Qualitel, il sondaggio che la Rai realizza su un vasto campione di telespettatori, in ottemperanza al contratto di servizio pubblico firmato con il Governo, la trasmissione che più incarna lo spirito del servizio pubblico, la più inclusiva, la più credibile. Alla luce di tutto questo lamentarsi della gestione di Report, se mi passate la battuta, è come se il Santo Padre si lamentasse del Giubileo.
Non sarà sfuggito che invece a chiedere una “tutela a Report” siano stati i giorni passati una serie di politici, la proprietaria della concorrente della Rai e la comunità ebraica dopo le inchieste sulla striscia di Gaza. Tuttavia Report fino a quando ci sarà questa squadra continuerà a svolgere il suo ruolo di cane da guardia della democrazia. Ringrazio chi schierandosi con Report si è schierato a difesa di un valore più alto: quello del diritto dei cittadini ad essere informati. “Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, ma uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi” . Così disse Rita Levi Montalcini”
immagine di copertina: dal profilo Facebook di Sigfrido Ranucci