Abbiamo già parlato della vicenda che riguarda il torturatore libico Almasri e sulla sua scarcerazione e rimpatrio, senza far mancare l’attacco alla magistratura.
Con una settimana in ritardo, il 5 febbraio, si è svolta l’informativa al Parlamento dei ministri della giustizia e dell’interno, Nordio e Piantedosi, sul caso Almasri. Doveva avvenire la settimana prima ma i ministri hanno disertato l’aula nascondendosi dietro una comunicazione di iscrizione nel registro delle notizie di reato,
«sembra strano che sia rimarcato»
afferma Nordio al Parlamento.
In quelle settimane ci sono stati diversi dibattiti televisivi e in Parlamento con diverse motivazioni per giustificare il caso: dalla colpa data alla Corte d’Appello di Roma per averlo scarcerato al complotto delle toghe rosse in Italia fino a quelle internazionali senza farsi mancare quelle degli 007 tedeschi. Poi, a seguito dell’atto dovuto dal procuratore Lo Voi, il quale ha ricevuto una denuncia e ha passato il tutto al Tribunale dei Ministri, non è mancato l’ennesimo attacco alla magistratura e a tentare di demolire la figura pubblica del procuratore mettendo sul banco una divergenza con il sottosegretario Mantovano per alcuni voli di Stato. Inoltre arriva il vicepremier e ministro degli affari esteri, Antonio Tajani, che afferma
“Forse bisogna aprire un’inchiesta sulla Corte penale, bisogna avere chiarimenti su come si è comportata. Comunque confermo, l’atto inviato all’Italia era nullo, condivido al cento per cento quello che ha detto il ministro Nordio”.
Comunque arriva il momento che i due ministri arrivano in Parlamento a spiegare cosa è successo ma qualcosa non va: il ministro della giustizia afferma che ha giudicato l’atto e che, per lui grazie anche alle parole di una giudice della CPI, era nullo; per il ministro dell’interno era nullo ma valido, nel senso che era nullo per l’arresto ma valido per una espulsione immediata perché ritenuto non sicuro per gli italiani rifacendosi alle stesse motivazioni presenti all’interno del mandato di cattura della CPI. Quindi arrivano le prime contraddizioni fra di loro. Il tutto prosegue all’interno di un Parlamento, sia Camera che Senato, che diventa quasi un circo tra applausi, tifoseria, urla e ilarità.
Per Nordio lui non è un passacarte, e l’atto della CPI era nullo per molte incomprensioni sulle date in cui Almasri avrebbe commesso i delitti. Infatti per il ministro non si capiva se i delitti fossero stati commessi nel 2011 o nel 2015 e, per questo, lo ha considerato nullo. A rafforzare ciò che dice è il secondo atto che invia la CPI diversi giorni dopo dove è «Cambiato tutto. Chiederò chiarimenti».
Poi tocca al ministro Piantedosi dove mette subito in chiaro che non c’è nessun ricatto verso il governo su Almasri, che non sia mai stato l’interlocutore sui migranti e che in quei momenti di decisione nessuno ha fatto alcuna pressione. Poi, smentendo ciò che aveva detto Nordio, ha affermato che, sulla valutazione della sicurezza nazionale, ha fatto riferimento all’atto della CPI e lo ha espulso.
Per i deputati e senatori della maggioranza è tutto giusto e ringraziano il governo e i ministri per il loro operato a salvaguardia dell’Italia e per la loro chiarezza. Per l’opposizione ci sono diverse cose gravi:
- la mancanza della Meloni all’informativa, in quanto gli viene attribuita la decisione finale;
- il fatto che Nordio abbia fatto l’avvocato di Almasri;
- la mancanza di rispetto verso la CPI, magistratura e migranti torturati e uccisi;
- la smentita di Piantedosi nei confronti di Nordio.
Poi, purtroppo, non ci sono stati momenti di vero e proprio cabaret: dal senatore Renzi che porta a galla la favola di pinocchio attribuendo ad ognuno un personaggio al senatore Gasparri che grida al complotto della CPI per un
«bollino prima blu e poi, quando arrivato in Italia, rosso come la banana chiquita».
Sta di fatto che il dibattito è tutt’altro che concluso e che, sicuramente, continuerà nei prossimi giorni e con inevitabili attacchi dall’una e dall’altra parte politica.