Oggi, 9 maggio 2025, siamo tutti Peppino Impastato. O almeno così pare, a giudicare dalle bacheche social. Una valanga di post, immagini patinate, citazioni decontestualizzate.
Un rito retorico nazional-popolare che si ripete ogni anno, sempre uguale, sempre più ipocrita. Domani toccherà a Falcone, poi a Borsellino, poi via via a tutte le altre vittime delle “schifose mafie”, come le chiamava Peppino.
Una passerella digitale, dove la memoria è brandizzata, masticata e risputata da chi, in realtà, non ha alcuna intenzione di combattere davvero le mafie.
Ecco il post dell’attuale Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Chiara Colosimo:
“La mafia uccide, il silenzio pure.”Oggi ricordiamo Peppino Impastato, ucciso il 9 maggio 1978 per aver avuto il coraggio di denunciare la mafia a viso aperto, con la forza della parola e dell’ironia.La sua voce, da Radio Aut, rompeva il silenzio e accendeva la speranza.A distanza di anni, il suo esempio continua a ispirarci: non si è davvero liberi finché si ha paura di parlare.
Bella frase. Applausi. E poi?
La politica ha cancellato la parola “mafia” dalla sua agenda politica. E lo ha fatto nel silenzio generale. Perchè, parliamoci chiaro, questi temi interessano a pochissime persone. Sono fastidiosi. Fanno venire il prurito. Meglio parlare di stronzate, fanno più effetto e attirano più like. Facciamo finta che le mafie non esistono o che ci dobbiamo convivere, come disse tempo fa un esponente del Governo Berlusconi (che in vita pagava Cosa Nostra) o che sono state sconfitte.
Anzi, nessuno se ne fotte delle mafie: fanno comodo, rispecchiano il modo di essere dei cittadini. Non esiste la volontà di sterminarle perchè la mentalità mafiosa (saltare la fila, il favore, l’assunzione, la pacca sulla spalla…) piace a tante, troppe persone.
In basso il commento di Luigi Coppola, che attende ancora una risposta per essere audito dalla Commissione Antimafia, presieduta dalla Colosimo. (Qui potete ascoltare la sua intervista in esclusiva per WordNews.it).
Firmato da un testimone di giustizia. Un uomo che ha messo a rischio la propria vita per la verità. Ma che oggi, dalla stessa istituzione che dovrebbe tutelarlo, riceve solo silenzio.
Quello stesso silenzio che Peppino ha combattuto.
Quello che oggi viene ipocritamente denunciato, ma solo a parole.
“L’attuale Commissione parlamentare appare inabissata come le mafie”
Angela Napoli, una voce scomoda
A mettere un altro chiodo sulla bara della credibilità istituzionale, ci pensa Angela Napoli, già vicepresidente della Commissione Antimafia, da sempre vicina a testimoni di giustizia. Le sue parole sono un atto d’accusa durissimo:
“L’attività dell’attuale Commissione Parlamentare è molto distante da quella dei miei tempi.”
“Dell’attuale Commissione si disconoscono i lavori. Non si vedono inchieste, né proposte. Sembra inabissata come le mafie.”
E ancora:
“Ai miei tempi le Commissioni si recavano sui territori, incontravano le vittime, proponevano leggi. Oggi mi domando se la Presidente e gli attuali membri abbiano consapevolezza della realtà mafiosa o solo voglia di postare slogan.”
Non si combattono le mafie con i post su Facebook. Non si protegge Peppino con una grafica colorata con simboli tricolori e una citazione. Si protegge con i fatti, con le leggi, con la vicinanza vera a chi rischia la vita.
Ma oggi va di moda commemorare senza conoscere, postare senza agire, indossare la memoria come una spilletta da campagna elettorale.
E intanto chi denuncia la camorra e la ‘ndrangheta, vive nell’isolamento, senza tutele, senza scorte, senza futuro.
Per Peppino, per Falcone, per Borsellino, per Lea, per tutti i testimoni di giustizia dimenticati: meno retorica, più verità.
Meno social, più Stato.
Che la mafia uccida, lo sappiamo.
Ma il silenzio, quello istituzionale, è complice.
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