Il cartello che urla verità: la protesta di Armando Carta contro le ambiguità dell’antimafia di facciata.
Nel cuore di un’Italia che si prepara alle commemorazioni del 23 maggio, data simbolo della strage di Capaci, l’attivista antimafia Armando Carta ha scelto di far sentire la propria voce in modo diretto e inequivocabile. Lo ha fatto con un manifesto artigianale ma potentissimo, esposto pubblicamente, che interpella in modo frontale Chiara Colosimo, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia.
“Dalla Colosimo vorrei spiegato: com’è che abbracci lo stragista e non vuoi De Raho e Scarpinato?”
Parole che colpiscono come fendenti, scolpite con colori accesi su un cartello che è diventato in poche ore simbolo di indignazione popolare. La domanda di Carta è chiara e provoca un brivido: perché stringere la mano a chi è stato protagonista di stagioni di sangue e allo stesso tempo ostacolare chi ha rappresentato la lotta alla mafia con coerenza e coraggio, come l’ex Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho e l’ex magistrato antimafia Roberto Scarpinato?
Una protesta che diventa messaggio civile
Armando Carta non è nuovo a iniziative di denuncia e memoria. Il suo cartello è un gesto civile, politico e culturale, che non lascia spazio all’ambiguità e chiama in causa l’ipocrisia istituzionale. Un’Italia che ogni anno si riempie la bocca di parole come “legalità” e “memoria”, ma che nei fatti trascura o ostacola chi alla mafia si è realmente opposto.
Il messaggio è semplice e fortissimo: non esiste memoria senza coerenza, non può esserci lotta alla mafia se si fanno sconti ai carnefici e si mettono all’angolo i servitori dello Stato.
Il manifesto di Armando Carta non è solo una provocazione: è un grido collettivo, una richiesta di verità e di rispetto per chi ha combattuto davvero contro le mafie. In un momento storico in cui la memoria rischia di essere piegata alla convenienza politica, atti come questi ci ricordano che la lotta alla mafia non può essere una bandiera da sventolare a giorni alterni.
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