A distanza di 33 anni dalla strage di via D’Amelio, spunta un nuovo documento che potrebbe riaprire clamorosamente il mistero dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, scomparsa il 19 luglio 1992 pochi minuti dopo l’attentato costato la vita al magistrato e a cinque agenti della scorta.
Un documento inedito, datato 20 luglio 1992, è ora al vaglio della Procura di Caltanissetta, guidata da Salvatore De Luca. Secondo quanto riportato da RaiNews24 e confermato da ANSA, Arnaldo La Barbera, allora capo della Squadra Mobile di Palermo e in seguito accusato di essere il regista del depistaggio sull’inchiesta via D’Amelio, scrisse di aver consegnato a Giovanni Tinebra, all’epoca procuratore capo di Caltanissetta, “uno scatolo in cartone contenente una borsa in pelle e una agenda appartenenti al giudice Borsellino”.
Si tratta forse proprio della famigerata agenda rossa, in cui Borsellino annotava pensieri e informazioni cruciali nei giorni che precedettero la sua morte. La sua sparizione, mai chiarita, è diventata il simbolo di omertà istituzionale e verità negate.
Sulla scorta di questo documento, la Procura ha disposto perquisizioni nelle abitazioni della vedova e dei figli di Giovanni Tinebra, morto nel 2017. I Carabinieri del Ros hanno eseguito i controlli in tre appartamenti tra Catania e Caltanissetta, sequestrando documenti e aprendo anche una cassetta di sicurezza.
Le indagini rientrano nel più ampio filone su mandanti esterni della strage di via D’Amelio, un’inchiesta che chiama in causa non solo mafia e apparati deviati, ma anche ambienti massonici coperti.
Secondo la Procura, Giovanni Tinebra avrebbe fatto parte di una loggia massonica segreta operante a Nicosia, in provincia di Enna, dove fu procuratore capo dal 1969 fino al 1992, anno della sua nomina a Caltanissetta.
La nota ufficiale della Procura, riportata da ANSA, afferma che “sono stati acquisiti una pluralità di elementi che hanno fatto emergere concreti indizi circa la presenza di una loggia coperta nella città di Nicosia, di cui avrebbe fatto parte anche Tinebra”.
Le fonti sono intercettazioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia, tra cui Angelo Siino, che parlò di una “super loggia” nella quale confluivano esponenti di vertice della politica, dell’imprenditoria e della criminalità organizzata, un vero e proprio centro occulto di potere e influenze.
In una conversazione intercettata negli anni Novanta, Salvatore Spinello, indicato come promotore di questa super loggia, afferma che “Tinebra è dei nostri, era della loggia di Nicosia… ovviamente quando vado là non lo abbraccio in pubblico, per non comprometterlo”.
L’accertamento della presenza dell’agenda rossa in mano a Tinebra – se confermato – avrebbe implicazioni devastanti sulla credibilità dell’indagine condotta immediatamente dopo la strage. Il fatto che il documento possa essere stato occultato o sottratto in ambito istituzionale avvalora i sospetti su un depistaggio sistemico e una gestione opaca dei reperti.
Il nome di Arnaldo La Barbera, già finito sotto accusa per avere indirizzato l’inchiesta su falsi pentiti e versioni artefatte, si intreccia ora ancora una volta a quello di Tinebra, accusato post mortem di far parte di una struttura massonica parallela e in grado di influenzare le indagini giudiziarie.
La verità su via D’Amelio, da anni ostaggio di depistaggi, omissioni, connivenze, sembra ancora una volta avvolta nella nebbia. Ma l’inchiesta della Procura di Caltanissetta riaccende una speranza: quella di fare luce su una delle pagine più buie della storia della Repubblica.
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