C’erano una volta le ideologie. Poi sono arrivati loro: i demolitori del pensiero, i restauratori del nulla. Un “manipolo” di professionisti del consenso, improvvisatori del potere, piazzisti della paura. Il governo guidato da Giorgia Meloni, quello che doveva “riscrivere la storia”, sta scavando una fossa, mentre si arrampica goffamente sulle rovine di un intero Paese.
La destra italiana al governo, quella del tricolore in bocca e del manganello nello sguardo, non ha costruito un progetto politico: ha montato una macchina propagandistica. Una campagna elettorale perenne, governa come se fosse ancora all’opposizione, e si muove come un dilettante della politica.
Il risultato? Una quotidiana demolizione dell’ideologia, ridotta a slogan, tweet e post indignati e indegni.
Parlano di “merito”, ma nominano gli amici. Parlano di “legalità”, ma smantellano le garanzie costituzionali. Parlano di “famiglia”, ma tagliano i fondi ai servizi sociali. Parlano di “libertà”, ma se protesti ti schedano.
I rappresentanti di questo governo – ministri, sottosegretari, portavoce e galoppini – sembrano usciti da un reality show. Parlano male, leggono poco (quasi nulla), scrivono peggio. Citano Pasolini senza capirlo, Croce senza leggerlo, Gramsci per rinnegare ogni suo principio. La cultura è per loro una minaccia, il pensiero critico un nemico, l’intellettuale un sabotatore.
Preferiscono l’applauso facile allo scrupolo, la passerella all’analisi, il talk show al Parlamento.
Doveva essere la destra “identitaria”, invece è diventata quella dell’identikit: manganello facile, ossessione securitaria, Decreti Sicurezza sempre più punitivi (demoliti senza pietà). Si criminalizzano i poveri, i migranti, i senzatetto, i giovani delle manifestazioni. Ma il vero nemico di questa destra è la complessità. Se non puoi semplificarla, la reprimi. Se non puoi usarla, la censuri.
Nel frattempo, l’Italia sociale arretra, il Sud viene dimenticato, il welfare smantellato, la scuola umiliata, la sanità strangolata. Tutto nel nome di un neoliberismo rozzo e senza visione, mascherato da “sovranismo” da discount.
Il paradosso è che questa destra, così ossessivamente “patriottica”, sta tradendo la Nazione proprio mentre la proclama. Il mito dell’ideologia è stato sostituito dal marketing dell’arroganza. Nessuna visione, nessuna progettualità, solo l’ossessione per la gestione del potere.
Giorgia Meloni ha smontato persino il mito post-fascista da cui proveniva: lo ha trasformato in una caricatura, una destra stanca che urla in televisione e poi firma bilanci europei col cappello in mano.
Questa non è più una lotta tra destra e sinistra. È la battaglia tra chi crede ancora nella politica come servizio e chi la riduce a teatro dell’ego, a esercizio di controllo. E quando la democrazia diventa spettacolo, lo Stato si trasforma in palcoscenico.
Ma gli spettatori, prima o poi, smettono di ridere. ù
Immagine AI
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